Sul treno che mi porta da Firenze a Milano, penso che ad Aprile saranno esattamente 20 anni dalla prima volta in cui mi è stata affidata la consolle di un locale, per la precisione di un bar.
Ho deciso di intraprendere l’avventura del dj per due motivi fondamentali:
l’amore per la musica in primis, ed il fatto che, salvo rarissime eccezioni, i set proposti dai djs dei locali che frequentavo, non mi piacevano.
Dj Strifu era una di quelle eccezioni.
Al Caffè Roma di San Donà di Piave, suonò Last Nite degli Strokes.
La gente era abbastanza attonita, io al contrario ero entusiasta di sentire quella magnifica canzone in un luogo in cui non si andava mai oltre ad un pezzo deep house (brutto).
Era l’inverno del 2002.
Iniziai a pensare che avrei potuto seguire l’esempio di Strifu, e con molta pazienza, catalogai i dischi che fino a quel momento avevo comprato. Nonostante il mio cuore in quegli anni battesse quasi esclusivamente per il pop/rock d’Oltremanica, nei miei gusti rientravano anche artisti come Fatboy Slim, Basement Jaxx, Moby, Groove Armada, Chemical Brothers, Armand Val Helden, insomma tutte cose che potevano andare bene per imbastire il mio primo dj set.
Cosa che avvenne però solamente più di un anno dopo.
Nel frattempo mi limitai a fare una marea di compilation agli amici che sapevano della mia passione.
La frase che mi veniva posta più spesso era: “Simo, tu che ascolti tanta musica, mi faresti un cd con roba tipo…”, ed io, come una sorta di Spotify di inizio millennio, scovavo tra i miei dischi tracce che potessero essere in linea con la canzone d’esempio.
Nel 2003 appunto, arrivò il mio primo “ingaggio”.
Chiusi un accordo vantaggiosissimo: 2 ore di dj set in cambio di un tramezzino prosciutto e funghi ed una Fanta.
Ricordo perfettamente che iniziai con Drinking in LA dei Bran Van 3000.
Seguirono Breathe dei Télépopmusik, The Time Is Now dei Moloko, Virtual Insanity dei Jamiroquai, Into The Groove di Madonna e così via…
Andò bene, mi diedero un’altra data e da lì iniziai a girare tutti i peggiori bar della zona.
Non ho mai pensato che quella passione potesse diventare un lavoro, e in realtà, non me ne rendo conto neanche ora.
Non so quali astri si siano allineati per far succedere questo proprio a me, ma so per certo che ho speso migliaia di ore della mia vita a pensare alla musica, a scovare nuova musica, a comprare musica, a cercare di produrre musica.
E so di aver fatto bene a fare tutto quello che ho fatto.
Ho fatto bene quando negli anni 90 registravo in cassetta Sanremo da Rai Radio 1 per avere le canzoni prima che uscisse la compilation ufficiale.
Ho fatto bene a spendere i miei soldi per comprare “Rumore”, “Il Mucchio Selvaggio”, “Rolling Stones”, “NME” e un sacco di altri magazine musicali.
Ho fatto bene a licenziarmi da un lavoro “sicuro” nel 2007, perchè non era il MIO lavoro.
Ho fatto bene a mettere i dischi nei bar davanti a 3 persone, ai matrimoni, nei garage degli amici, alle sfilate di paese, nei centri commerciali, ai compleanni e persino ad una festa per anziani.
In parole povere, HO FATTO BENE ad ascoltare ed assecondare la mia passione.
Senza di lei farei ancora un lavoro che non mi piace.
Senza di lei non avrei conosciuto centinaia di persone meravigliose.
Senza di lei non sarei parte di quel gruppo di lavoro fantastico che risponde al nome di Suonica.
E credetemi, non c’è cosa migliore che mi potesse capitare.
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